Milano - La
clip mozzafiato di Daughters procede in
rotazione serrata mentre la sala si riempie
molto lentamente. Nonostante il loop di Wrong e
la truce fine del suo protagonista che
ossessionano
l’attesa della press conference, si respira la
solita ovattata atmosfera che precede l’arrivo
dei Deeche Mode: tutto un altro mondo rispetto
alla nervosa concitazione da concerto. Il gruppo
è al trucco, fresco reduce dagli studi di radio
Dee Jay, che ha sviato l’attenzione dei fans,
ancora piantati davanti a TV e videoregistratore
e non nello spazio antistante l’ingresso del
raffinato albergo in pieno centro di nuovo
confermato per l’incontro con la stampa. Il
resto del lavoro è ben condotto dagli addetti
dela EMI: le maglie del cordone sono
sufficientemente serrate da precludere la solita
invasione di imbucati e l’unico fermento
proviene dell’agitazione dei fotografi, alla
frenetica ricerca della posizione giusta per
sfruttare i pochissimi minuti (secondi, in
realtà) che verranno concessi ai loro obiettivi.
Dopo quasi mezz’ora (la press conference era
inizialmente fissata per le 14) arriva il gruppo
a passo svelto. Dave, Martin e Fletch irrompono
nella sala per i ventotto minuti di fuoco di
fila.
Fuoco solo per modo di dire: la deferenza universale
guadagnata in quasi trenta anni di carriera e la
recente esplosione del nuovo singolo rendono il
gruppo, se possibile, ancora piu’ sicuro,
rilassato, pronto per quella che si rivelerà la
prevista passerella di velluto. Vero è che le
vecchie tensioni, seppure mai esistite fuori
dagli articoli di gossip, restano oggi un
pallido ricordo: i Depeche Mode si scambiano
sorrisi , commentano fra loro le domande poste
prima ancora che vengano tradotte in inglese, lo
stesso Fletch esercita il suo umorismo sulla
strana buona forma di Dave, per poi rimarcarne
la partecipazione nel nuovo progetto in uscita
tra meno di due mesi. Di suo – e questa è la
cosa piu’ confortante – Gahan definisce in modo
assai diverso la sua posizione nello sviluppo
del nuovo album. Colui che appena pochi anni fa
si dichiarava un artista claustrofobico e
sovrastato dell’egocentrismo di Gore, oggi è
felice, per sua precisa ammissione, di vestire i
panni della riserva in grado di entrare in campo
per gli spezzoni finali della partita. A
risultato già acquisito, aggiungiamo noi. Sarà
stata la saggezza dell’età piu’ matura o piu’
verosimilmente l’impatto contenuto dei suoi
progetti solisti, ma oggi il cantante dei
Depeche Mode sembra aver deposto le proprie ali
personali per ripararsi sotto quelle di Martin
Gore e sentirsi allo stesso tempo “ancora piu’
partecipe della vita del gruppo”. Passato
presente e futuro si ricongiungono. Una
normalità che fa notizia.
Insomma, nei Depeche Mode di oggi non si intravedono crepe
(ed il fenomeno sembra curiosamente ripetersi
sul viso di Gore, fresco come mai) se non quelle
di una sicurezza eccessiva, legata alla
dichiarata facilità con la quale il nuovo album
è stato concepito e realizzato ed alla
spavalderia con la quale il gruppo affronta la
sfida delle grandissime arene italiane. Il
rinnovato supporto scenografico di Corbjin,
fidato compagno di merende ed amico da aiutare
nel momento di difficoltà economica, fornisce ai
Depeche la base di una nuova scommessa che non
hanno paura di perdere, nonostante locations
impegnative che potrebbero penalizzare un sound
non propriamente da stadio. Dave a tal proposito
non esita a ricordare una famosa serata a
Pasadena: se la scommessa è già stata vinta in
tempi non sospetti, perché temere un passo
indietro?
Il resto della press conference fila via velocemente fra i
soliti rimandi al concetto di peccato e
rendenzione, ai riferimenti religiosi, al
momento di lieve ripresa del mercato
discografico. Quando al sottoscritto giunge
l’opportunità di chiedere a Gore il perché di
una ritrovata passione per i sintetizzatori di
prima generazione, un equivoco di traduzione
trasforma il prossimo album in quello che verrà
poi. A Martin chiariro’ poco dopo che mi
riferisco a Sounds Of The Universe. Ma prima
sorride, replica, non elude l’argomento. La
miglior risposta alla domanda che non avrei mai
potuto fare.
Fabrizio Cassero
webmaster@depechemodeitalia.com
DepecheModeItalia ringrazia la EMI per la
disponibilità mostrata nei confronti di 013 e
dei fans italiani. |

Da una
conferenza stampa “generalista”,
presenziata da parecchi
giornalisti della carta stampata
e quotidiani, era altamente
improbabile aspettarsi domande
tecniche e approfondite, e di
conseguenza risposte/novità e
news esplosive dai 3 Mode.
E così, in gran parte è stato.
Però, in mezzo a temi che per
noi, fans della band da tempo
immemore, suonano un pò di che
già
sentito/scontato/superficiale,
qualcosa di interessante la
press conference dell’Hotel
Hyatt l’ha detta.
Ha detto, per esempio, che i
Depeche Mode si sono legati alla
Emi per la durata di un album
(per ora), in quanto il mercato
attuale della musica è in
continuo cambiamento, e le cose
possono cambiare in breve tempo.
Non meno sincero è apparso il
giudizio positivo su altra band
Emi alla ribalta in questi
ultimi anni, quei Coldplay
attraverso cui il buon Corbjin
ha voluto rendere omaggio
proprio ai DM con la “parodia”
del clip di Enjoy the silence.
E, a proposito del video maker olandese, si è scoperto di un
Martin generoso filantropo e
finanziatore di un’opera, il
Control di Anton Corbjin, “che
la band – parole di Dave, che ha
giudicato la domanda forse come
la più interessante del lotto –
ha apprezzato parecchio e che ha
lasciato Anton svuotato di ogni
energia da quanto entusiasmo,
passione e fatica hanno
caratterizzato le riprese del
film”.
In mezzo, anche momenti di ilarità pura, soprattutto quando
Martin scambia la Hillary Duff
della cover di PJ con i D.A.F di
EMB memoria, o quando Dave
vorrebbe Al Pacino a
interpretare il ruolo di Fletch
in un ipotetico film futuro sui
Mode…
continua
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